Dieci posti da non perdere all’isola d’Elba

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Le fortificazioni medicee di Portoferraio

Portoferraio, il porto per antonomasia dell’isola. Ma anche un vero e grande porto nella storia; infatti abbiamo Horatio (il Nelson, il famoso e spietato eroe nazionale inglese) che dopo aver trionfato su Napoleone nella battaglia di Abukir (nota anche come battaglia del Nilo), bloccandolo sul suolo egiziano, definì l’antica Fabricia, uno dei porti di mare più protetti d’Europa.

Portoferraio! Così si chiama oggi, ma la comunità intenta ai commerci del ferro, nel periodo romano era denominata Fabricia, Ferraia nel medioevo. E’ solo nel 1500 che diviene una vera e propria e grande città. Sarà Cosimo I de’ Medici a deciderne la sua fondazione, sarà la città di Cosimo, Cosmopoli appunto. Nel 1548 viene posta la prima pietra e in pochi mesi le opere principali sono completate. Com’era Cosmopoli? Certo dopo seicento anni la città di Cosimo è cambiata, ma per avere un’idea, anche piuttosto fedele di com’era nel rinascimento, basta guardarla oggi. Una straordinaria città fortificata! Straordinario è il profilo delle possenti fortificazioni rinascimentali, piena di fascino è la sua forma di isola nell’isola che si staglia dal mare, slanciati e imponenti sono i suoi forti, pieni di storia e di segreti sono suoi palazzi. Strano destino quello di Cosmopoli-Portoferraio. Il destino di essere un porto. Fino in fondo. Oggi si arriva a Portoferraio, si transita da Portoferraio, da qui si raggiungono le candide e sabbiose spiagge meridionali dell’isola, gli animati borghi meta dell’agognata vacanza, e forse si torna a Portoferraio giusto per partire imbarcandosi di nuovo sul traghetto per tornare a casa. Che peccato però trascurare cosi tanto ben di Dio, non assaporare il racconto che le eleganti e levigate scalinate in calcare rosa sanno regalare, il fascino segreto della Darsena Medicea che nasconde il superbo e maestoso arsenale dove Cosimo decise di far costruire le sue Galere a difesa delle acque tirreniche dalle incursioni dei barbaresche. Vabbè, mi sa che a questo punto conviene fare due passi, anche se il consiglio è di dedicare qualche giorno intero alla visita della città rinascimentale per decifrarne pienamente la sua intima essenza. Facciamoci a piedi tutta la Calata Mazzini, praticamente la passeggiata a mare che corre sotto le fortificazioni Medicee e ci conduce nella parte più interna del porto antico: la darsena. Questa in prossimità della punta del Gallo (ancora oggi si può vedere la torretta sopra la quale fu sistemata una piccola scultura del noto animale) era chiusa da una gigantesca catena in ferro che terminava agganciata proprio alla torre della Linguella, che sarà una delle nostre mete. Alla fine del lungomare, dove sono ormeggiate tantissime barche, anche di lusso, arriviamo al Molo Elba, di fronte a una delle porte di accesso al complesso fortificato: la porta a Mare. E’ qui che il 4 maggio 1814 sbarcò lo sconfitto Napoleone, (a Lipsia dalle potenze alleate) a cui era stato assegnato con il trattato di Fontainbleau, per punizione, il principato dell’Elba. Continuando la passeggiata lungo il mare arriviamo alla Torre della Linguella (la fine della stretta lingua di terra della città), chiamata anche Torre del Martello (per la sua forma) e Torre di Passanante (è qui che fu rinchiuso l’attentatore di Umberto I). Conviene soffermarsi un poco su Passanante perché la sua storia, legata all’atroce prigionia nella torre della Linguella è davvero singolare. Giovanni Passanante era un grande idealista anarchico che nel 1878 attentò alla vita di Umberto I, fu condannato a morte e poi graziato dallo stesso re, scontando la pena dell’ergastolo presso la torre. Fu una prigionia atroce e spietata che suscitò un acceso dibattito e condusse Giovanni alla follia. Terminò i suoi giorni nel manicomio criminale di Montelupo, vicino Firenze. E’ una triste storia, quella di Giovanni Passanante, con quel gesto di voler uccidere il prossimo (in questo caso il re Umberto) è come se egli fosse inflitto una condanna, aggravata dalla malvagità dell’uomo, che continua dopo la morte. Solo alcune piccole precisazioni per chiarire. Dopo la grazia, nel 1879 fu deciso il luogo della sua prigionia, la Torre della Lignuella a Portoferraio, in una piccolissima cella sotto il livello del mare, incatenato a corto con 18 kg di ferro, in isolamento, senza visite, né lettere. I pescatori che transitavano in prossimità della torre narravano di grida strazianti. Molte furono le pressioni umanitarie per alleviare la pena; in seguito nel 1889 fu dichiarato pazzo e trasferito in segreto a Montelupo. Morì nel 1890 all’età di 60 anni. Considerato dalle autorità una vera e propria mente criminale, il suo cadavere, onorando le teorie di Lombroso (il filosofo delle teorie sulla devianza criminale), fu privato della testa, il suo cervello doveva essere sezionato e studiato. Del suo corpo si sono perse le notizie. La sua testa fu conservata a beneficio delle analisi scientifiche e solo recentemente, nel 2007, i suoi resti sono stati finalmente sepolti nel suo paese di origine, in Basilicata. La sua tomba è stata profanata da ignoti nel 2012. Ma torniamo alla nostra passeggiata. Il complesso che ospita la Torre accoglie anche i locali del Museo Archeologico con reperti del periodo etrusco e romano. Le stanze del Museo sono gli antichi magazzini del sale del 500 e successivamente ospiteranno le celle del bagno penale. Nell’area della Linguella sono presenti anche i resti di una delle più belle e sontuose ville romane marittime dell’Arcipelago Toscano. A ritroso percorriamo il lungomare (Calata Buccari si chiama questo tratto) ed entriamo dal piccolo accesso subito dopo i locali che ospitano la Croce Verde. Da qui in pochi pass svoltando a sinistra ci troviamo di fronte ad un imponente e vetrato edificio. E’ un po’ trascurato e in abbandono, un tempo ospitava l’animato mercato del pesce. E’ l’arsenale delle galeazze, il luogo in cui Cosimo decise di far costruire le proprie navi. Arriviamo nel cuore dell’attuale centro di Portoferraio, Piazza Cavour, dominata dalla cinquecentesca Porta Mare che accoglie anche il locali della Gran Guardia presidio armato per il controllo degli accessi (passiamo di fronte all’omonimo ed elegante bar). Se prendiamo a salire verso la parte alta della città passeremo di fronte al superbo e imponente Palazzo della Biscotteria, sede del municipio. L’elegante scalinata di fronte a noi è la Salita Napoleone che conduce ad una delle residenze imperiali. Villa dei Mulini accolse Napoleone quale residenza ufficiale, l’altra, la sistemazione di campagna si trova a pochi chilometri dal centro, nella verde e rigogliosa valle di San Martino, piccola casa rustica riadattata da Napoleone a residenza imperiale e resa oggi sontuosa e classicheggiante dalla sottostante galleria Demidoff, realizzata per volere del principe Anatolio (coniuge di Matilde Bonaparte, figlia di Girolamo, ultimo fratello di Napoleone, affascinato ed estasiato dal mito dell’imperatore nel 1859, acquistò villa di San Martino e la trasformò in museo su progetto del famoso architetto Niccolò Matas). Anche se Villa dei Mulini -che insieme all’altra costituiscono oggi il Museo Nazionale delle Residenze Napoleoniche, secondo per visitatori in Toscano solo agli Uffizi-, conserva inalterato il suo fascino nella memoria del grande corso richiamando milioni di visitatori, nella parte alta della città è il complesso fortificato l’elemento più rappresentativo. Infatti possiamo ammirare e visitare i due forti. Forte Stella; ospitava le guarnigioni e si caratterizzava per la sua vocazione di alloggio e di avvistamento, posto sulla sommità dello sperone roccioso a dominare il canale di Piombino. Forte Falcone; nella posizione più elevata di tutto il complesso è l’elemento strategico per eccellenza. Recentemente recuperato, ospita il museo della città ed offre nella sua complicata e sorprendente multifunzionalità un’architettura versatile e straordinaria. Prima di giungere in prossimità della residenza di Villa dei Mulini, a metà Salita Napoleone, incroceremo a sinistra l’accesso per il Centro Culturale de Laugier, suggestivo edificio in cui Cosimo progettò di individuare la sede dei Cavalieri di Santo Stefano. Oggi ospita la Biblioteca Comunale, una interessante Pinacoteca e l’Archivio Storico, oltre alla ricchissima e preziosa collezione fotografica raccolta da Leonida Foresi, appassionato collezionista ed uomo di cultura locale recentemente scomparso. Sulla destra della scalinata invece troviamo la Chiesa della Misericordia con annesso un piccolo ed interessante antiquarium che conserva reperti napoleonici, tra cui uno dei due calchi della maschera funebre di Napoleone esistenti al mondo (l’altro si trova al Louvre). In questa chiesa, ogni 5 maggio si tiene una messa in onore di Napoleone. Tralasciamo le cose minori, anche se minori non sono… restano da vedere: il Teatro napoleonico dei Vigilanti, un gioiello architettonico, il complesso fortificato che si affaccia verso l’interno della rada e la Porta a Terra. Buona passeggiata!

Capoliveri, Monte Calamita, la miniera del Ginevro

E’ necessario raggiungere il suggestivo borgo di collina di Capoliveri. Il piccolo paese adagiato sulla sommità montuosa, domina il golfo di Porto Azzurro verso oriente e si apre anche all’altro selvaggio versante verso ovest, con un panorama davvero mozzafiato. I vicoli, le strette stradine, le scalinate, si animano durante la buona stagione, le fresche brezze serali accompagnano i visitatori alla scoperta degli antichi segreti del borgo, immersi in un’atmosfera d’altri tempi. Ma dobbiamo lasciare il paese ed incamminarci verso la zona mineraria che gira intorno alla penisola di Monte Calamita. Tutto il versante orientale dell’isola d’Elba è segnato dalla presenza delle antichissime cave del ferro, estese zone di mineralizzazione vanno da nord (con i borghi di Rio Marina, sulla costa e Rio nell’Elba, in collina) a sud (Capoliveri, appunto). In circa 16 km di strada sterrata e a tratti non agevolissima, incrociando le zone ferrifere dei vecchi cantieri minerari, tra scorci panoramici mozzafiato che lasciano intravedere all’orizzonte le innevate montagne di Corsica e le altre isole dell’arcipelago toscano, la sottile ed esile Pianosa e l’imponente e misteriosa Montecristo, arriviamo in prossimità del romantico e silenzioso complesso turistico Costa dei Gabbiani, un residence, un piccolo boutique hotel, alcune eleganti ville, e una grande azienda vitivinicola con una produzione di altissima qualità. Da qui si inizia a scendere verso il mare. Ma per imboccare la stretta stradina che conduce al cantiere minerario del Ginevro è necessario aver richiesto l’assistenza di una guida alla società che gestisce le visite e gli accessi in miniera. Visite guidate ed escursioni a tema sono curate anche dalla nostra organizzazione. Pochi minuti in discesa a bordo del piccolo bus ed arriviamo nel grande piazzale antistante il cantiere. Sembra di aver oltrepassato la porta del tempo: ecco ci troviamo in miniera, circondati dai vecchi impianti, dai nastri scorrevoli che trasportavano il minerale verso il pontile per essere stivato a bordo dei brick, dalle baracche in lamiera che servivano ai miniatori che dovevano scendere. Si, ecco, accanto a noi l’impianto ascensore per la discesa nelle viscere della terra. E’ l’unica zona di escavazione in galleria, le altre cave delle miniere elbane sono tutte a cielo aperto. Non prendiamo l’ascensore, entriamo dal cancello in ferro che chiude l’ingresso alla galleria. Siamo dentro! In circa due chilometri e si raggiunge il primo livello. Al momento le visite si fermano qui! Esistono ancora due livelli, il secondo a -24 e il terzo a -54. Un cantiere straordinario, all’interno della terra si svolgeva il lavoro di scavo, di frantumazione del minerale e di trasporto verso l’esterno. Immergetevi nelle viscere del nostro pianeta e gettate lo sguardo verso il profondo baratro dove venivano stoccati i detriti dei preziosi minerali di ferro!

Spiaggia di Fetovaia

Ambiente singolare, paesaggio multicolore e multiforme. La candida sabbia granitica ricca di trasparente quarzo, accarezza i bagnanti, accompagnandoli nella loro discesa verso il mare, si specchia nell’azzurro intenso regalando cristalline tonalità del blu, del verde smeraldo. Molto “pressata” d’estate dalla sua fama che attira troppi turisti, in numero sproporzionato per la sua capienza, piena di fascino e di calore nelle mezze stagioni. La fresca pineta alle spalle che regala una macchia continua di verde e di ristoro dalla calura. Verso ovest la punta rocciosa che la ripara dai freschi venti. Un ammasso di rocce metamorfiche verdastre che si protende allungandosi quasi ad allontanarsi dalla spiaggia che amorevolmente protegge. Le scogliere granitiche, spesso concave tanto da essere definite “Le Piscine” con la loro candida roccia quarzifera, situate dalla parte opposta, offrono un esaltante contrasto con le loro fiere dirimpettaie.

Museo Nazionale delle Residenze Napoleoniche

Ecco, finalmente il grande imperatore, forse l’ospite più conosciuto e famoso tra tutti quelli che l’isola, nella sua grande capacità di attrazione, ha ospitato nelle sue terre. Napoleone Bonaparte sbarcò a Portoferraio il 4 maggio 1814 (partirà il 26 febbraio 1815), dopo l’abdicazione seguita alle decisioni del trattato di Fontainebleau. Le più dirette e importanti testimonianze sono le due case ove egli alloggiò, che oggi costituiscono il Museo Nazionale delle Residenze Napoleoniche. In pieno centro storico di Portoferraio, nella parte alta della città, a ridosso del suggestivo e cinquecentesco Forte Stella, troviamo la Palazzina dei Mulini, residenza ufficiale e luogo dove l’imperatore passò tutti i dieci mesi della sua permanenza sull’isola. Stupendo giardino sul mare, la scogliera si apre alla vista del canale di Piombino, in basso i due scogli che Napoleone, durante i solitari giorni dell’esilio, scrutando l’orizzonte, chiamò les deux freres (l’adattamento dialettale fa si che oggi gli abitanti di Portoferraio li chiamano i duprè). Oggi possiamo vedere, oltre alle stanze riccamente affrescate, arredi e mobili d’epoca di grande valore, ma non quelli che Napoleone utilizzò! Invece è presente collezione libresca che l’imperatore donò alla comunità elbana prima della sua fuga: la famosa biblioteca da campo composta da 2.378 volumi, con la quale possiamo ricostruire la formazione culturale e gli interessi dell’illustre personaggio. La collocazione dei volumi viene decisa di volta in volta, in base al calendario espositivo, ma … se avete la fortuna di vederli esposti, aguzzate la vista, distinguerete eleganti volumi, opere di storia classica, greca e latina, storia antica e moderna della Francia e le collane di letteratura classica, Esiodo, Omero, Virgilio, Ovidio, ma anche Voltaire, Rousseau, Molière, Regnard e Dancourt, Racine. Questi si, che Napoleone li ha toccati e li ha visti! La “maison rustique”, la residenza di San Martino si trova nella parte finale della profonda e verde vallata omonima a pochi minuti da Portoferraio (circa 5 chilometri), fu acquistata nel giugno 1814 e utilizzata sporadicamente come residenza di campagna alternativa a quella ufficiale. Oggi vediamo l’imponente Galleria Demidoff, realizzata nel per volere del nobile russo, Anatolio Demidoff, imparentato con Napoleone. L’elegante edifico neoclassico ospita mostre ed esposizioni ed è stato realizzato utilizzando pietra e materiali da costruzioni esclusivamente locali.

Chiesa e Torre di San Giovanni in Campo, il medioevo all’isola d’Elba

Monte Perone, una delle cime ammantate di vegetazione che fa parte del vasto massiccio montuoso che culmina con la vetta di Monte Capanne. E’ necessario salire fin quasi sulla sua sommità utilizzando la strada che collega la piana di Marina di Campo al versante settentrionale dell’isola. Dopo aver attraversato i due piccoli borghi medievale di San Piero e di Sant’Ilario, proprio a metà strada tra i due inizia la salita verso Monte Perone, che terminerà appunto a nord, nel minuscolo centro collinare di Poggio. Su questa strada, dopo qualche deciso tornante, incrociamo due monumenti simbolo dell’isola, la Torre (prima) e la Chiesa di San Giovanni (dopo). La bassa vegetazione della gariga, pian piano lascia lo spazio alla vegetazione mediterranea di altro fusto (leccio, erica, corbezzolo, lentisco) e ai rigogliosi e freschi boschi di castagno. E’ questa la cornice ambientale in cui si inseriscono i due straordinari e sorprendenti monumenti, rivolti verso sud, e aperti a un panorama esaltante e mozzafiato, tra cielo, mare e … orizzonte. La Torre di San Giovanni (302 mt. Slm) fu edificata nel periodo della dominazione pisana ed è con tutta probabilità uno dei monumenti più antichi dell’isola, la sua edificazione risale all’anno 1.000. E’ una torre a canna, quadrata, sue due livelli, posizionata su di un enorme masso granitico (localmente definito cote). L’accesso si trova a circa due metri dal livello del terreno e doveva essere possibile attraverso una scala in legno, che veniva ritirata all’interno. La sua funzione era in prevalenza di avvistamento, ma era dotata, secondo recenti rilievi, di un ingegnoso meccanismo difensivo che comandava il crollo del primo livello in caso di ingresso del nemico. La sua posizione e il contesto paesaggistico sono davvero straordinari. Pochi metri, un altro tornante e si arriva alla chiesa di San Giovanni, pieve romanica del XII secolo ad unica navata, ma dalle dimensioni importanti, per una piccola chiesa di campagna. Impreziosita da una sapiente lavorazione dei blocchi di granito con i quali è costruita (lavorato probabilmente da abili artigiani pisani), e dal caratteristico campanile a vela, con un’apertura a forma di croce. Lateralmente le tipiche finestre, monofore e bifore, asimmetriche in linea con i canoni dell’architettura romanica. Tipico del romanico anche l’elemento simbolico, che nel caso della nostra chiesa assume un aspetto del tutto particolare. Di fronte all’abside, rivolto come sempre verso oriente, una lastra in granito per terra è pronta ad accogliere il raggio del sole che trapasserà da una delle monofore in cui è stato incastrato ad arte un piccolo pezzo di pietra che fa cadere il raggio proprio nel centro della chiesa.

Parco Minerario e cantiere Le Conche

E’ un luogo singolare, forse non rifulge di bellezza assoluta come i panorami che si aprono sul mare, nascondendo strapiombi e scogliere incontaminate. Ma è, certo, un paesaggio dell’anima, che può, a chi sappia guardare ed ascoltare, regalare emozioni forti e profonde. Siamo a est dell’isola d’Elba, in pieno versante minerario, nelle millenarie cave del ferro che si affacciano sul Tirreno. Lasciamo un momento questo luogo da non perdere. Incontriamo le zone di escavazione subito dopo il fiero paese di Rio Marina, (con la sua imponente torre aragonese edificata a presidio dei traffici marittimi) estese fino alla punta estrema dell’isola, che coincide con il piccolo e ridente centro abitato di Cavo. La strada litoranea che collega i due centri, verso l’interno, è tutto un susseguirsi di vecchi impianti industriali e di imponenti gradoni su cui veniva impostato il piano di escavazione che, nascosti tra le vegetazione, offrono lo spettacolo multicolore dei minerali del ferro, dal giallo sulfureo al rosso ocra, al nero pece dell’ematite. E’ la zona del Parco Minerario. Le miniere hanno cessato la loro attività nel 1980, chiudendo un’era industriale che inizia con i forni di riduzione etruschi a partire dal IV secolo a.C. Gli ultimi 400 minatori, tra pensionamenti anticipati, licenziamenti e ammortizzatori sociali, staranno a casa. Restano le straordinarie testimonianze dei vetusti impianti: un patrimonio di archeologia industriale che si è progressivamente deteriorato per la mancanza di un preciso piano di riconversione. Un male italiano, purtroppo. Restano, oltre i piccoli tratti superstiti di ferrovia decauville (quella a scartamento ridotto), i vagoni che trasportavano il minerale, i silos, le macchine escavatrici e poco altro ancora; resta anche la memoria che pian piano si perde dei vecchi minatori (ormai gli ultimi) e restano queste vecchie cave, che oggi sono l’ingrediente più spettacolare di questo parco dei minerali dell’isola d’Elba. Le aree del Parco Minerario sono inserite dal 1996 all’interno del perimetro del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e sono gestite da una società a partecipazione pubblica che ha sede a Rio Marina, nell’elegante fabbricato del buro’ (dal francese bureau, dove erano situati tutti gli uffici della società concessionaria delle miniere elbane). Un centro visite, un museo mineralogico, alcune significate ricostruzioni degli ambienti di lavoro, un centro documentazione, escursioni e visite guidate: questi i servizi offerti dal Parco. Anche attraverso la nostra organizzazione è possibile prenotare visite guidate ed escursioni a tema nei paesi minerari e all’interno delle miniere. Torniamo al nostro luogo da non perdere. Uno degli itinerari possibili ci conduce, attraversando il suggestivo scenario del cantiere di Valle Giove, ampio anfiteatro creato dalla continua escavazione dei giacimenti di pirite e di ematite, nello straordinario cantiere delle Conche. E’ uno dei pochi cantieri in cui era organizzata l’estrazione in galleria, la via ferrata entrava nelle viscere della terra e i vagoni ne uscivano carichi di pirite da avviare alla caricazione presso i pontili rivieraschi. Il trenino gommato può condurvi fino al cantiere, ma l’ideale è arrivarci a piedi gustandosi la progressione di un paesaggio che ad ogni passo riserva una sorpresa. L’ultima grande sorpresa è quella di trovarsi sul ciglio di una enorme voragine sul cui fondo è adagiato uno stupefacente lago di acqua rossastra. I pendii sono segnati da una varietà sorprendete di colori, sul fondo piccoli cristalli cubici di pirite, il giallo intenso dello zolfo, il rosso abbagliante dell’ocra nelle sue mille tonalità, il blu acceso che si trasforma gradualmente nel verde del rame. Tutt’intorno l’azione decisa della vegetazione mediterranea che ha riconquistato prepotentemente, dopo che l’attività di escavazione mineraria è cessata, il suo territorio, riempendo con il verde intenso e indistinto ogni angolo, ed inebriando l’aria con il suo multiforme profumo fatto di fragranze decise e aromatiche.

Isola di Pianosa

Si parte tutti i giorni da Marina di Campo. La traversata dalla costa meridionale dell’isola d’Elba dura circa un’ora. Il collegamento giornaliero garantisce una permanenza 6-7 ore sull’isola del diavolo, così era definita Pianosa, retaggio della sua secolare vocazione di segregazione. Qui i primi cristiani si rifugiarono per sfuggire alle prime feroci persecuzioni. Qui realizzarono oltre due chilometri di catacombe che oggi costituiscono il sito catacombale più importante a nord di Roma (ingresso su prenotazione e a pagamento). Qui fu esiliato Marco Agrippa, nipote di Augusto, relegato in un esilio dorato nella superba ed enorme villa romana che porta il suo nome, poi ucciso in circostanze misteriose il 14 d.C. Pianosa è stata un’isola carcere dal 1856 fino al 1998, e anche carcere di massima sicurezza dagli anni 70. Come d’incanto, nel 1998, anno della definitiva chiusura del carcere, l’isola diverrà deserta, e quel presidio sociale garantito dall’istituto carcerario, cesserà di esistere. Dal 1996 è già inserita nel perimetro del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Una piattaforma calcarea di circa 10 kmq, un territorio completamente pianeggiante, isola chiusa per più di un secolo ad ogni forma di fruizione, conserva un ambiente ed un fascino straordinari. Il piccolo porticciolo, un gioiello architettonico perso nella profondità dell’azzurro, tra mare e cielo, ci annuncia la presenza del paese. Case, caserme, edifici, tutto ricorda la movimentata storia del carcere. Poi oltre la porta di accesso, segnata dalla contigua presenza del muro, un enorme muraglia edificata dal generale Carlo Alberto dalla Chiesa negli anni dei terroristi rossi, ecco le strutture di detenzione e gli edifici della colonia penale agricola (le stalle, il pollaio, il caseificio). Il resto, scogliere selvagge, mare e silenzio. Il fascino discreto dell’unica spiaggia su cui si può accedere, Cala Giovanna, una candida striscia di sabbia che si apre su un mare da sogno. E’ il Mediterraneo di 300 anni fa! L’interdizione all’accesso di qualsiasi tipo di imbarcazione ha reso possibile la presenza di un ambiente marino straordinario. Una nuotata a Cala Giovanna rappresenta anche un tuffo all’indietro nel tempo, in un mare nostrum che non esiste più. Potete anche dormire a Pianosa, solo da qualche anno, grazie ad un piccolo albergo che ha iniziato ad ospitare coraggiosi viaggiatori, appassionati di isole ed amanti del silenzio, che vogliono assaporare il contatto con un mondo che pian piano scompare. Il modo migliore per visitare l’interno, accompagnati da una delle esperte guide del Parco Nazionale è pedalare! Un escursione in mountain bike vi permetterà di vivere intensamente l’isola di Pianosa, immergendovi nella sua inebriante atmosfera e di conoscere finalmente alcuni dei segreti dell’isola del diavolo. Il momento della partenza: penserete “ma come! E’ già ora!”, quasi che l’isola vi volesse ancora trattenere per finire quella storia segreta che ha iniziato a raccontarvi.

La Stretta e Monte Giove

Marciana, il borgo di collina più imponente e più importante del versante occidentale. Situato a nord, domina la pianura della marina di Marciana. A 375 metri sul mare offre un panorama esaltante. Tutto in granito, vicoli, strette stradine, scalinate, piazze, vi condurranno nella parte alta, segnata dalla presenza della fortezza rinascimentale. L’imponente e massiccia costruzione, attigua ai locali che ospitano la Casa del Parco, interessante centro viste del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, realizzata nel 1450 dalla famiglia Appiani, principi di Piombino, insiste probabilmente sui resti di una precedente torre pisana edificata intorno all’anno 1000. Ma alzate lo sguardo … ecco la rigogliosa lecceta, le fresche valli, i castagneti e la pietraia delle vette del Massiccio di Monte Capanne. Il nostro itinerario può condurci, uscendo dal centro abitato, al Santuario (sec. VII con successivi interventi in epoca recente) di San Cerbone, vescovo di Populonia (IV-V sec.) rifugiatosi sull’isola per sfuggire alle persecuzioni longobarde, e da qui salire fino a 800 metri per raggiungere il crinale, sulla sommità lo sguardo spazia da est a ovest, rivelando le altre isole dell’arcipelago toscano e la Corsica. Un luogo di grande suggestione; enormi massi erratici, che paiono in precario equilibrio, dolci pendii in cui si aprono profumate vallette: siamo a La Stretta, a ridosso della cima di Monte Giove (855 m). La sagoma della vetta è inconfondibile, una stretta valle divede due cime! Anche per questo, forse, il luogo è frequentato da epoche antichissime e tutt’intorno, troviamo riferimenti di presidi religiosi e sacri. Negli anni ’60 le ricerche archeologiche hanno portato alla luce migliaia di reperti ceramici e corredi funebri che si possono attribuire a popolazioni sub-appenniniche (dal VII sec a.C.). Respiriamo la storia ed assaporiamo le intense emozioni della natura. La storia. Si leggono, tra le forme scomposte dei massi granitici, il profilo sapiente dei sacri recinti in pietra, di archi oggi precari, forme che la mente a fatica ricostruisce di altari e menihr, sono i resti di un luogo sacro, molto esteso, quasi una struttura urbana interamente dedicata al culto. La natura. Fiorisce da maggio inoltrato l’endemica ginestra di Salzman (Genista salzmannii) -la individuamo così pur se la questione botanica è controversa, potrebbe essere anche la ginestra desoleana (Genista desoleana valsecchi), un endemismo sardo-corso con i suoi straordinari cuscini spinosi di un giallo esplosivo, che si presenta insieme alla endemica viola dell’Elba, (Viola corsica ilvensis) che fa sfoggio di sè nelle tonalità cromatiche che dal bianco candido arrivano al viola intenso.

Il castello del Volterraio

VolterraioSospeso nel cielo, affacciato sul mare, a dominare imponente il magico golfo di Portoferraio, un panorama straordinario. La fortezza (Geo 42.802501,10.38341) svetta dai suoi 395 metri in posizione impossibile, incastonato nella roccia da cui emerge come per incanto. Il luogo fu scelto dagli etruschi per edificare la prima postazione di avvistamento, e sempre nel periodo etrusco l’altura faceva parte di un intelligente ed efficiente sistema di villaggi fortificati di collina. La struttura assume una fisionomia definitiva alla fine del 1200 quando la repubblica marinara di Pisa decide il rifacimento della fortezza; così si legge nei documenti del 1298 e nelle tavole di progetto redatte da Vanni di Gherardo Rau, architetto in Pisa. Nel Rinascimento, al tempo della edificazione di Cosmopoli – Portoferraio (1548), il Volterraio è quasi sicuramente in rovina, infatti nel provvedimento in cui Carlo V assegna a Cosimo de’ Medici questa parte di isola, si legge che imperatore concede a Cosimo il territorio di Portoferraio e la “bicocca del Volterraio”. Successivi interventi di recupero e di fortificazione esterna portano intorno al 1600 alla realizzazione di una cinta muraria, al cui interno viene edificata la Chiesetta di San Leonardo, oggi in rovina. Di recente il monumento è stato acquisto dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e finalmente è stato anche approvato il definito progetto di restauro e di recupero. Al momento è possibile arrivare alla sommità del colle ma non si può entrare all’interno del Castello. Una volta terminato il recupero sarà finalmente possibile visitare la fortezza, l’unica mia espugnata all’isola d’Elba, testimone e simbolo della storia e della cultura locali. Il contesto paesaggistico nel quale si inserisce il Volterraio è davvero straordinario. Le rossastre rocce magmatiche contrastano con il verde intenso della macchia mediterranea, i profumi decisi profumi delle essenze della gariga (lavanda, elicriso, cisto) accompagnano la breve ma faticosa ascensione (circa 40 minuti, attenzione il fondo è sassoso e sconnesso). All’arrivo ci aspetta un panorama mozzafiato, alla nostra destra il profilo della dorsale orientale e all’orizzonte la forma esile, ma decisa dell’isola di Pianosa, di fronte a noi la parte centrale dell’isola con le morbide colline e gli ampi golfi meridionali, e l’inimitabile morfologia del golfo di Portoferraio – Cosmopoli, alle spalle il massiccio imponente di monte Capanne … ma non è finita, sulla nostra destra la selvaggia isola di Capraia e perse, nell’azzurro intenso del cielo le montagne innevate della Corsica e Capo Corso, proteso verso il nord.

Spiaggia delle Ghiaie, Cala Frati, immersione allo Scoglietto.

Nelle immediate vicinanze del porto commerciale di Portoferraio, un bel viale conduce verso la costa nord, dal lato opposto del porto. E’ qui che incontriamo il parco delle Ghiaie (Geo 42.817487,10.324068), un ombreggiato giardino pubblico con alberi di alto fusto e spazi gioco per bambini; il litorale offre la suggestiva presenza della singolare e spiaggia delle Ghiaie, costituta da levigati e candidi ciotoli granitici. I fondali antistanti, impreziositi dalle verdi macchie della prateria di posidonia, per trasparenza e nitidezza, specie nelle giornate di scirocco sono straordinari. Di fronte alla spiaggia, si staglia il profilo dello Scoglietto (Geo 42.828307,10.330612), piccola isoletta con un faro di segnalazione. E’ questa la Zona di Tutela Biologica delle Ghiaie il cui perimetro si estende da punta Falcone allo Scoglietto fino a punta Capo Bianco; è stata istituita nel 1971, la prima in Italia, per motivi di studio e di ricerca è oggi divenuta, grazie alla protezione, alla vigilanza e collaborazione dei diving locali, una straordinaria nursery per tutte le specie ittiche oltreché strumento eccezionale di conservazione dell’habitat marino. Con una nuotata, un po’ di snorkeling o con un’immersione, assisiti dai diving locali, avrete la possibilità di ammirare buona parte della flora e della fauna marina del Mediterraneo. Dalla spiaggia, con una bella nuotata verso ovest è possibile raggiungere punta Capo Bianco, che nasconde un‘altra suggestiva spiaggia (Geo 42.820919,10.314894), con faraglioni e grotte e con caratteristiche simili a quella delle Ghiaie. Prima di arrivare a Capo Bianco si incrocia la preziosa insenatura di Cala de Frati (Geo 42.817952,10.319561), inaccessibile a piedi (solo via scoglio dalla costa, circa 15 minuti, bagnandosi un po’). Al momento non vi sono vie di accesso dalla strada principale ed esiste un contenzioso con il privato proprietario dei terreni retrostanti … forse è proprio questa difficile accessibilità che ha reso possibile la sua conservazione. I fondali dello Scoglietto sono caratterizzati da franate con profondità fino a 25 metri. Vi immergerete accompagnati da alcuni notevoli esemplari di cernie. Negli anfratti rocciosi e nelle cavità della rocce sommerse trovano il loro habitat ideale moltissime specie ittiche: capponi, mustelle, gronghi e murene corvine. Se, in prossimità della spiaggia portate con voi piccoli pezzi di pane sarete subito circondati da caroselli di pesci, lo stesso succederà, anche senza pane, nelle immersioni allo Scoglietto: saraghi, cefali, salpe, occhiate, castagnole, orate e boghe. Anche i predatori: dentici, ricciole e palamite. Per le immersioni è opportuno rivolgersi ad uno dei diving autorizzati, sapranno guidarvi e consigliarvi l’immersione migliore.

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